domenica 1 dicembre 2013

DIFETTI GRAVI DI COSTRUZIONE DEGLI IMMOBILI - POLIZZA ASSICURATIVA



ROMA - CIAMPINO - POMEZIA

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La garanzia decennale per gravi vizi di costruzione degli immobili

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La legge prevede una particolare ed articolata tutela a favore dell’acquirente di immobili direttamente dal costruttore o società costruttrice. Questi però deve provvedere a determinati adempimenti operando una netta distinzione tra “difformità e vizi” da una parte e “gravi difetti” dall’altra.

In ogni caso, tuttavia, la responsabilità e risarcibilità del danno cagionato dal costruttore non è automatica ma impone quale condicio sine qua non un determinato comportamento del proprietario dell’immobile danneggiato il quale entro precisi termini ha l’onere di denunciare il vizio o difetto di costruzione al costruttore, scaduti i quali le probabilità di ottenere in giudizio la condanna del costruttore/venditore sono irrimediabilmente basse.

La denuncia è infatti un atto recettizio che ha lo scopo di porre l’appaltatore in grado di compiere gli accertamenti necessari a provare che il vizio/difetto lamentato non è riconducibile alla sua responsabilità. Incombe sul denunciante l’onere di provare nell’eventuale giudizio di aver provveduto alla denuncia entro la scadenza del termine.

Inoltrata la denuncia senza avere avuto positivo riscontro da parte dell’appaltatore, al denunciante non resta che agire in giudizio.

Per i gravi difetti l’azione si prescrive entro un anno dalla denuncia e comunque entro i 10 anni dalla consegna  dell’opera,  salvo il caso in cui vi sia stato riconoscimento del vizio/difetto da parte dell’appaltatore/costruttore.
A dettare tale obbligo è l'art. 1669 c.c. il quale, in materia i appalto, stabilisce che "quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per la loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta".
Secondo l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza sono ascrivibili a “gravi difetti” quei vizi costruttivi tali da compromettere la funzionalità dell'immobile o, comunque, da provocare un ridotto godimento dello stesso.

Si ha invece scoperta del vizio/difetto quando il denunciante abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza, seria ed obiettiva dei vizi/difetti e del nesso causale tra questi e l’esecuzione dell’opera. Per alcune pronunce della Cassazione l’effettiva consapevolezza della gravità del vizio e della sua causa può essere raggiunta anche con accertamenti tecnici.


Peraltro, la garanzia decennale del costruttore non grava "solo" sui gravi difetti di costruzione, ma anche sui vizi "parziali" dell'opera stessa.  In altri termini, il vizio che assume rilevanza ai sensi dell'art. 1669 c.c. deve essere in grado di pregiudicare in modo grave la funzione alla quale l'immobile è destinato, limitandone in modo notevole la possibilità di godimento. Tale pregiudizio, quindi, non deve incidere indispensabilmente sulla stabilità dell'opera, nè comportare pericolo di rovina in senso stretto, potendosi annoverare tra i gravi difetti di costruzione, valutabili ai fini dell'applicabilità dell'art. 1669 c.c., anche quelli che, ad esempio, si risolvono nella realizzazione dell'opera con materiale assolutamente inidoneo (si pensi, ad esempio, al materiale utilizzato per i rivestimenti o la pavimentazione).

E' bene evidenziare che, secondo un orientamento della Suprema Corte, la garanzia decennale per gravi difetti si applica soltanto nell'ipotesi di nuova costruzione e non anche nei casi di modifica o ristrutturazione di un bene immobile esistente.

Vi è infine sottolineare che per i nuovi “immobili da costruire”, l’art. 4 del D.Lgs 122/2005 prevede che ”Il costruttore é obbligato a contrarre ed a consegnare all’acquirente all’atto del trasferimento della proprietà una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell’acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti  all’immobile, compresi i danni ai terzi, cui sia tenuto ai sensi dell’articolo 1669 del codice civile, derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatisi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione”.
Alla tutela civilistica di cui abbiamo parlato fino ad ora si affianca pertanto – per gli immobili il cui permesso a costruire sia stato richiesto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs 122/2005  (6 luglio 2005) – una nuova ed ancora più incisiva tutela dei diritti dell’acquirente.“ introdotto l'obbligo incombente sul costruttore di contrarre e consegnare all’acquirente, all’atto del trasferimento della proprietà, una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell’acquirente e con effetto dalla data di ultimazione dei lavori a copertura dei danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, cui sia tenuto ai sensi dell’art. 1669 c.c., derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione e comunque manifestatasi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione (art. 4 del D. Lgs. 122/05).

Prima di acquistare casa da un costruttore sarebbe buona norma verificare alcune cose:
1.     Informatevi sull’affidabilità dell’impresa o della cooperativa;
2.     Visitate altre case costruite dall’impresa costruttrice;
3.     Verificate che il costruttore sia coperto da una fideiussione bancaria e dall’assicurazione decennale;
4.     Verificate i requisiti professionali di progettisti e impiantisti;
5.     Controllate che il terreno sia di proprietà del costruttore e che sia edificabile;
6.     Richiedete documenti e titoli abilitativi (permesso di costruire, DIA, Certificato di destinazione urbanistica);
7.     Leggete il capitolato: devono essere indicati tipo e qualità dei materiali e l’elenco delle ditte installatrici;
8.     Considerate con attenzione le misure reali dell’immobile, facendo attenzione all’incidenza dei muri perimetrali, dei balconi, delle verande, ecc.

domenica 3 novembre 2013

La «Trise» ovvero il gioco delle tre carte



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La Tares diventa Tasi, l'Imu e la tassa sui servizi indivisibili diventano Tari. Tasi e Tari insieme formano la Trise (Tassa rifiuti e servizi), nota come «service tax», approvata dal Governo Letta nelle scorse settimane e attiva dal 2014.

Sembrerebbe un gioco di ruolo, in realtà è un meccanismo cervellotico (per non dire schizzofrenico) per far pagare sempre più tasse a chi già le pagava (proprietari di seconda casa) e ad indurre chi non le pagava a doverle ora pagare (chi acquisterebbe oggi la prima casa). Un sistema apparentemente premiante sull'acquisto, ma che poi diventerebbe oltremodo fiscalmente gravoso sul possesso.

Spetta ai Comuni la disciplina tariffaria della Tari e le aliquote della Tasi. L'aliquota di base della Tasi (cioè della tassa sui servizi indivisibili della casa) dovrebbe essere fissata all'1 per mille. Vi lascio immaginare quale effetto possa ciò comportare nelle tashe dei cittadini italiani.

Qualcuno al riguardo arriverebbe a stimare che la riforma della fiscalità immobiliare, attraverso l'introduzione del Trise, comporterà un rilevante aumento della tassazione sia con riferimento all'abitazione principale sia sulle seconde case sfitte, quantificabili rispettivamente al 72% e al 19%.


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venerdì 1 novembre 2013

Corte di Cassazione n. 350 del 2013 - Anatocismo e usura bancaria: recupero integrale degli interessi bancari




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Corte di Cassazione n. 350 del 2013 - Anatocismo e usura bancaria: recupero integrale degli interessi bancari

Anatocismo bancario: il termine di prescrizione dalla chiusura del conto corrente. I clienti delle banche che hanno subito un danno dalle banche per l'addebito di interessi non dovuti. Incostituzionale l'articolo 2, comma 61 del Dl Milleproroghe 225 del 2010

La rivoluzionaria sentenza della Corte di Cassazione n. 350/2013 permette il recupero integrale degli interessi pagati su mutui, leasing e finanziamenti, quando i tassi o le penali superano la soglia di usura.

Con la sentenza n. 350/2013 del 9 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha stabilito che per verificare se il tasso praticato dalla banca sul mutuo ipotecario è usurario, si devono conteggiare anche gli interessi di mora.
Il confronto del tasso praticato dalla banca con il tasso soglia per mutuo ipotecario, deve avvenire, dunque, tenendo conto anche degli interessi moratori contrattualmente previsti in caso di ritardato pagamento delle rate.  In pratica, il tasso del mutuo è comunque da considerare usurario se la somma tra gli interessi convenzionali (richiesti dalla banca come corrispettivo per il prestito) e quelli moratori fissati nel contratto di mutuo (dovuti dal mutuatario in caso di ritardato pagamento) supera il tasso soglia di usura. Un contratto di mutuo o di finanziamento che applica interessi di usura può essere annullato dal giudice su ricorso del mutuatario usufruendo di tutte le possibilità previste dalla Legge 108/96, tra cui la restituzione di tutti gli interessi versati.

La Corte costituzionale il 02 Aprile 2012 ha bocciato la norma del passato decreto ” mille proroghe ” che aveva tagliato drasticamente i tempi per presentare ricorso. Per effetto della sentenza (Corte cosituzionale, sentenza 78-2012 .pdf), adesso, i clienti delle banche che negli anni ‘90 ritengono di avere subìto un danno per l’addebito di interessi non dovuti potranno fare valere le proprie ragioni.

La Corte Costituzionale boccia la norma salva banche che aveva tagliato i termini per il ricorso. I clienti delle banche che si ritengono danneggiati anche negli anni ‘90, per interessi non dovuti causati da illecita capitalizzazione degli interessi ( interessi su interessi ), potranno far valere i propri diritti.?Secondo la Corte viola l’art.3 della Costituzione l’articolo 2, comma 61, del Dl Milleproroghe 225 del 2010 che così recitava: “ in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del Codice Civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso
non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto.

Le motivazioni così recitano “l’efficacia retroattiva della deroga rende asimmetrico il rapporto contrattuale di conto corrente perché, retrodatando il decorso del termine di prescrizione, finisce per ridurre irragionevolmente l’arco temporale disponibile per l’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto stesso, in particolare pregiudicando la posizione giuridica dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all’entrata in vigore della norma denunziata, abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate». Si viola così «l’art. 3 Cost., perché la norma censurata, facendo retroagire la disciplina in esso prevista, non rispetta i principi generali di eguaglianza e ragionevolezza (sentenza n. 209 del 2010)?Inoltre, la norma contrasta anche con l’articolo 117 «nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali». La Convenzione europea e le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, spiega la Corte costituzionale, lasciano uno spazio «sia pur delimitato, per un intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all’art. 25 Cost.)», purché sia giustificato da «motivi imperativi d’interesse generale». Ma nel caso in esame «non è dato ravvisare quali sarebbero i motivi imperativi d’interesse generale, idonei a giustificare l’effetto retroattivo. Violato anche il parametro costituito dall’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo».

Imposte indirette nelle cessione di immobili: novità dal 1° gennaio 2014




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Imposte indirette nelle cessione di immobili
novità dal 1° gennaio 2014

Novità sul fronte delle imposte per l'acquisto degli immobili sono state introdotte, con decorrenza dal 1/1/2014, dall'art. 26 del D.L. 12/9/2013, n. 104, il quale, intervenendo sull’art. 10 del d.lgs. n. 23 del 14/3/2011, ed aumentando da 168 a 200 euro la misura dell’imposta fissa, concorre a ridisegnare la tassazione indiretta di registro, ipotecaria e catastale.

Su un immobile ad esempio del valore catastale di € 100.000:

1. Prima casa venduta tra privati: 1.236 euro di risparmio per ogni 100.000 euro di valore imponibile (che viene calcolato sul valore rivalutato pari alla Rendita moltiplicato 115,5%). Infatti l'imposta di registro passa dal 3 al 2%, l'ipotecaria da 168 a 50 euro e la catastale da 168 a 50 euro.

2. Prima casa venduta da impresa. In questo caso abbiamo un aumento di 96 euro ogni 100.00 euro di valore imponibile, in quanto l'iva resta al 4%, l'imposta di registro, l'ipotecaria e la catastale salgono da 168 a 200 euro con un aumento totale di € 3x € 32 = 96.

3. Seconda casa venduta tra privati: 900 euro di risparmio ogni 100.000 euro di valore catastale rivalutato (nel caso di seconda casa si calcola infatti la Rendita catastale x coeff. 126). Infatti l'imposta di registro passa dal 7 al 9%, ma l'ipotecaria scende da 2.000 (2% di 100.000) a 50 euro e la catastale da € 1.000 a 50 euro Abbiamo perciò in quel caso da pagare € 9.000 + 100 (2x50) invece di € 7.000 + 2.000 + 1.000 = € 10.000 (il cd 10%) € 900 in meno su 10.000.

4. Seconda casa venduta da impresa: aumento di 96 euro ogni 100.000 euro di valore imponibile).
Infatti l'iva resta al 10%, mentre l'imposta di registro, l'ipotecaria e la catastale passano da € 168 a 200 euro, con un aumento totale di € 32 x 3 = 96.

5. Ufficio/negozio/capannone/fabbricato strumentale venduti da privato: le variazioni sono le medesime della seconda casa, con la differenza che l'imposta di registro si continua a calcolare sul mprezzo e non sul valore catastale poiché non si applica la regola del "prezzo valore"

6. Ufficio/negozio/capannone/fabbricato strumentale, venduti da impresa: risparmio di € 3.56 euro ogni 100.000 euro di valore imponibile (anche in questo caso valutato sul prezzo e non sul valore catastale) Infatti, sempre nel caso dell'esempio di € 100.000, rispetto all'attuale 26% sul prezzo, cioè il 22% di Iva + il 3% di Ipotecaria e lo 1% di catastale, l'Iva resta al 22%, l'imposta di registro passa da 168 a 200 euro, mentre l' ipotecaria passa da € 3.000 (3% di 100.000) ad € 200 e la catastale da € 1.000 ad € 200. Per un prezzo di € 100.000 avremo € 22.000 Iva + 200+ 200+ 200 = Tot € 22.600 pari al 22,6 % invece del 26% e con un risparmio importante per chi, pur pagandola, poi recupera l'Iva, ad esempio per chi compra con leasing, in quanto si passa da un 4% non recuperabile ad una fissa di € 600 per qualsiasi importo dell'immobile.

7. Terreno edificale venduto da privato: risparmio di 1.900 euro ogni 100.000 euro di valor imponibile, in quanto l'imposta di registro passa dall'8 al 9% mentre l'ipotecaria diminuisce dal 2% ( nel caso in esempio 2.000) a 50 euro e la catastale da 1.000 a 50 euro.

8. Terreno agricolo venduto da privato: risparmio di 8.900 euro ogni 100.000 euro di valore imponibile poichè l'imposta di registro scende dal 15 al 9%, l'ipotecaria diminuisce dal 2% (nel caso in esempio 2.000) a 50 euro e la catastale da 1.000 a 50 euro

9. Tuttavia, con l'abolizione delle agevolazioni citate dal comma 4 dell'art.10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ogni ufficio o immobile strumentale venduto da un privato ad una Onlus, subirà un aumento di ben € 8.596 euro ogni 100.000 euro di valore imponibile, in quanto l'imposta di registro passa da 168 euro fisse al 9% (9.000 euro), mentre l'ipotecaria e la catastale passano (già il 14 marzo 2011 aumentate da 168 fisse rispettivamente al 2 ed al 1%) passano a 50 euro.

10. Così anche nel caso di edificio storico artistico venduto da privato non prima casa si avrà l'aumento di 3.100 euro ogni 100.000 euro di valore imponibile in quanto l'imposta di registro passa dal 3 al 9% mentre diminuiscono l'ipotecaria e la catastale rispettivamente da 2.000 e 1.000 a 50 euro ciascuna.
            
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mercoledì 11 settembre 2013

Contratti immobiliari -- La mediazione torna ad essere obbligatoria dal 21 settembre 2013 con qualche novità





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MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE CIVILE E SOCIETARIA
(ai sensi del D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28)

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Il D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 (in G.U. n. 53 del 5.3.2010), in vigore dal 20 marzo 2010,
ha dettato disposizioni in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle
controversie civili e commerciali, in attuazione della delega contenuta nell'art. 60 della legge
18 giugno 2009, n. 69.

PRINCIPI DELLA MEDIAZIONE

Caratteristiche della mediazione, come disciplinata dal d. lgs. n. 28/2010, sono:
a) – la finalizzazione della stessa alla conciliazione stragiudiziale, ossia alla
composizione delle controversie civili e commerciali (art. 1, lett. c), con esclusione di
qualsiasi potere del mediatore di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del
servizio (art. 1, lett. b). Pertanto, la mediazione è il mezzo e la conciliazione è il fine;
b) – l'imparzialità e terzietà del mediatore rispetto alle parti in lite (art. 1, lett. a);
c) – la natura "ibrida" del modello di mediazione accolto, che per un verso è finalizzato
"ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la
composizione di una controversia" (c.d. mediazione facilitativa), per altro verso può sfociare "nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa" (art. 1, lett. a);
d) – l'oggetto della controversia deve avere ad oggetto "diritti disponibili" (art. 2, comma
1).

ATTIVITA’ DEL MEDIATORE E ORGANISMO DI MEDIAZIONE

La funzione di mediatore è svolta da una o più persone fisiche, individualmente o
collegialmente (art. 1, lett. b), nominate dall'organismo di mediazione, scelto dalle partI (art. 3, comma 1) A norma dell'art. 16, comma 1, gli enti pubblici o privati, che diano garanzie di serietà ed efficienza, sono abilitati a costituire organismi deputati, su istanza della parte interessata, a gestire il procedimento di mediazione. L'organismo deve essere iscritto nell'apposito registro previsto dall'art. 16 (transitoriamente, a norma dell'art. 1, lett. e), nel registro degli organismi di conciliazione istituito dal d.m. 23 luglio 2004, n. 222).
L'organismo, unitamente alla domanda di iscrizione nel registro, deposita presso il
Ministero della giustizia il proprio regolamento di procedura e il codice etico, comunicando
ogni successiva variazione. Al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità
spettanti agli organismi costituiti da enti privati (art. 16, comma 3).
Gli organismi costituiti presso i consigli degli ordini professionali, e quelli istituiti dalle
camere di commercio, sono iscritti nel registro a semplice domanda (art. 19).
Al mediatore e ai suoi ausiliari è fatto divieto di assumere diritti o obblighi connessi,
direttamente o indirettamente, con gli affari trattati, fatta eccezione per quelli strettamente
inerenti alla prestazione dell'opera o del servizio; è fatto loro divieto di percepire compensi
direttamente dalle parti (art. 14, comma 1).
L'art. 22 estende al mediatore gli obblighi previsti dal d. lgs. 21 novembre 2007, n. 231
(viene aggiunto il numero 5-bis all'art. 10, comma 2, lett. e) di detto decreto), in materia di
contrasto del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo, con esclusione degli obblighi di
identificazione e di registrazione.

PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE

L'avvocato, a cui la parte in lite si rivolge, ha l'obbligo, a pena di annullabilità del
contratto d'opera professionale, di informare la stessa della possibilità di mediazione, delle
relative agevolazioni fiscali e dell'eventuale natura di condizione di procedibilità della stessa (art. 4, comma 3).
Il giudice, al di fuori dei casi di improcedibilità, può invitare le parti a procedere alla
mediazione, prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni (art. 5, comma 2).
Il procedimento di mediazione si svolge senza formalità (art. 8, comma 2), ed è
disciplinato dal regolamento dell'organismo di mediazione (art. 3). Esso ha durata non
superiore a quattro mesi (art. 6). La scadenza del termine autorizza, probabilmente, le parti
ad abbandonare il tentativo di mediazione, e rappresenta giustificato motivo di rifiuto della
proposta tardiva del mediatore.
Il contenuto del regolamento di mediazione è rimesso all'autonomia privata, salvo che per
alcuni vincoli disciplinati dalla legge: in particolare, il regolamento deve in ogni caso
garantire la riservatezza del procedimento ai sensi dell'art. 9, nonché modalità di nomina del mediatore che ne assicurano l'imparzialità e l'idoneità al corretto e sollecito espletamento dell'incarico (art. 3, comma 2); il regolamento deve prevedere le modalità di calcolo e liquidazione dei compensi spettanti agli esperti (art. 8, comma 4); il regolamento deve determinare le formule ai fini della dichiarazione di imparzialità del mediatore (art. 14, comma 2, lett. a); il regolamento individua la diversa competenza a decidere sull'istanza, quando la mediazione è svolta dal responsabile dell'organismo (art. 14, comma 3); nel regolamento devono essere previste le procedure telematiche eventualmente utilizzate dall'organismo, in modo da garantire la sicurezza delle comunicazioni e il rispetto della riservatezza dei dati, e al regolamento devono essere allegate le tabelle delle indennità
spettanti agli organismi costituiti da enti privati (art. 16, comma 3).
All'atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell'organismo
designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal
deposito della domanda (art. 8, comma 1).
Il procedimento si svolge presso la sede dell'organismo di mediazione o nel luogo
indicato dal regolamento di procedura dell'organismo (art. 8, comma 2). Ciò significa che la
mediazione può aver luogo presso lo studio professionale del mediatore solo se il
regolamento lo prevede espressamente.
Sussiste specifico obbligo di riservatezza del mediatore (art. 9): nel caso in cui il
procedimento si svolga secondo la tecnica delle "sessioni separate", l'obbligo di riservatezza vale anche nei confronti delle altre parti. Per di più, le dichiarazioni rese durante il procedimento di mediazione non possono essere utilizzate nel successivo giudizio, salvo consenso della parte interessata, e vige l'obbligo di segreto professionale (art. 10).

ORGANISMO DI MEDIAZIONE COMPETENTE

Per quanto, specificamente, riguarda l'individuazione dell'organismo di mediazione
competente, occorre distinguere due situazioni:
1) Nel caso in cui le parti non hanno stipulato alcuna clausola di mediazione o
conciliazione, né alcun accordo successivo alla stipula del contratto di cui si tratta, ovvero se detta clausola o detto accordo non indicano l'organismo competente, vale il "principio della prevenzione": la mediazione si svolge davanti all'organismo presso il quale è stata presentata la prima domanda (artt. 4, comma 1, e 5, comma 5). Questa disposizione potrebbe dar luogo ad abusi (ad esempio, ricorso ad organismi di mediazione graditi all'istante e lontani dal luogo di residenza della controparte), ad ovviare ai quali occorrerà verificare la sufficienza della generale clausola di buona fede (oltre, eventualmente, ad una estensione analogica di disposizioni particolari, quali quella del foro del consumatore): il tutto al fine di escludere che dalla mancata partecipazione alla mediazione – in queste ipotesi di abuso – possano ricavarsi elementi di prova a carico del soggetto in questione.
2) Nel caso in cui il contratto, lo statuto ovvero l'atto costitutivo dell'ente prevedono
una clausola di mediazione o conciliazione, la quale individua l'organismo competente, la
mediazione si svolge presso quest'ultimo, al quale va presentata la relativa domanda.
Nell'ipotesi in cui, nonostante la clausola, venga iniziato un processo civile senza esperire il
tentativo di conciliazione, il giudice o l'arbitro, su eccezione di parte, proposta nella prima
difesa, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di
mediazione e fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine per la conclusione
della mediazione (art. 5, comma 5).

LA MEDIAZIONE COME CONDIZIONE DI PROCEDIBILITÀ

A norma dell'art. 5, comma 1, e dell'art. 24, a decorrere dal 20 marzo 2011 l'esperimento
del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale con
riferimento alle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni
ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno
derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione
con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e
finanziari.
In particolare, è compresa tra le ipotesi di improcedibilità l'intera materia dei diritti reali.
Ai fini di una esatta delimitazione di questa categoria di controversie, è utile la
giurisprudenza formatasi nell'interpretazione dell'art. 22 c.p.c.: è necessario che la
controversia abbia ad oggetto l’accertamento, positivo o negativo, di un diritto reale su un
bene immobile, dei modi di costituzione dello stesso ovvero delle posizioni soggettive,
attive o passive, che direttamente ne derivano, con esclusione delle azioni personali – ad
esempio, domande di restituzione, conseguenti a patologie negoziali – che non hanno natura reale (cfr. Cass. 3 settembre 2007, n. 18554; Cass. 8 giugno 2006, n. 13353).
E', ancora, compresa la materia delle successioni mortis causa (ivi incluse, ad es., le
controversie conseguenti a lesione di legittima, o invalidità testamentarie), mentre è esclusa
la materia dei rapporti di famiglia (ed anche dei regimi matrimoniali).
Non è inoltre compresa tra le ipotesi di improcedibilità l'intera materia contrattuale: sono
contemplati solamente alcuni contratti tipici (locazione, comodato, affitto di azienda, patto
di famiglia, contratti bancari, finanziari e assicurativi). Relativamente agli altri contratti (es., cessione di azienda, cessione di partecipazioni sociali, contratto preliminare), ed alle azioni personali relative a contratti traslativi e costitutivi di diritti reali (es., azione di nullità,annullamento, risoluzione), la mediazione non costituisce condizione di procedibilità della domanda.
Con la precisazione che, sempre ai sensi del comma 1 dell'art. 5:
1) trattandosi di controversie derivanti da contratti di investimento, insorte tra gli
investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di
informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori,
deve essere esperita la procedura di conciliazione disciplinata dal d. lgs. 8 ottobre 2007, n.
179. Con Deliberazione Consob 4 marzo 2010, n. 17204 (in G.U. n. 67 del 22.3.2010) è
stato approvato lo statuto della Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob. Con
Deliberazione Consob 4 marzo 2010, n. 17205 (in G.U. n. 67 del 22 marzo 2010) è stato
approvato il codice deontologico dei conciliatori e degli arbitri iscritti negli elenchi tenuti
dalla Camera di conciliazione e arbitrato presso la Consob;
2) trattandosi di altri contratti bancari e finanziari, si applica la procedura conciliativa
disciplinata dall'art. 128-bis del d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385.
L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata
d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

Ora dopo la bocciatura da parte della Corte costituzionale che l’ha definita illegittima la mediazione civile torna ad essere obbligatoria dal 21 settembre 2013  a seguito decreto legge n. 69 del 2013 (cd. decreto del fare), questa volta però in via sperimentale ed a tempo per un periodo di 4 anni.

NOVITA’ INTRODOTTE DAL DECRETO LEGGE N. 69 DEL 2013

A partire dal 21 settembre 2013, centrale diventa il ruolo dell’avvocato che diventa mediatore di diritto. L’ assistenza dell’avvocato è prevista fin dal primo incontro e per tutta la procedura. Inoltre, sempre gli avvocati certificano la conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico dell’accordo conciliativo che può trasformarsi in titolo esecutivo, altrimenti senza la sottoscrizione degli avvocati è necessaria l’omologazione del presidente del tribunale. Inoltre si prevede che la durata del procedimento non potrà eccedere i tre mesi e la domanda di mediazione dovrà essere presentata depositando un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia.

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martedì 10 settembre 2013

Anatocismo ed usura bancaria -- Come difendersi




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ANATOCISMO ED ESURA BANCARIA: REATI COMMESSI DALLE BANCHE 

Con il termine anatocismo si indica il fenomeno “dell’interesse sull’interesse” (cd. “interesse composto”), ovvero della progressiva capitalizzazione degli interessi maturati su una somma di denaro.

Per comprendere gli effetti economici che l’anatocismo produrrebbe sul mutuatario è sufficiente leggere alcune sentenze della Suprema Corte di Cassazione (sez. I, 16.3.1999, n. 2374) che ha evidenziato come, pure rimanendo nell’ambito “del tasso d’interesse limite non usuraio” (cosiddetto “tasso soglia”), “le conseguenze economiche sono diverse a secondo che sulla somma capitale si applichino gli interessi semplici, o quelli composti”, vale a dire anatocistici, in quanto, a titolo esemplificativo, “una somma di denaro concessa a mutuo al tasso annuo del 5% si raddoppia in venti anni, mentre con la capitalizzazione degli interessi la stessa somma si raddoppia in quattordici anni”.

Sotto il profilo, sostanziale e processuale, della gestione delle controversie in materia di anatocismo bancario e usura, e quindi della ripartizione dell’onere della prova e dell’adozione dei provvedimenti istruttori e decisori, assume un ruolo fondamentale il contratto bancario di conto corrente (o di apertura di credito in conto corrente).

Infatti, a seguito delle modifiche legislative, nonché degli interventi della Suprema Corte di Cassazione, vige un sistema complesso per il quale è necessario distinguere tra contratti bancari di conto corrente stipulati in epoca anteriore al 22 aprile 2000 – data di entrata in vigore della Delibera emessa dal CICR il 9.2.2004, in attuazione dell’art. 120, comma 2, T.U.B., introdotto con l’art. 25, comma 2, d.lgs. n. 342/1999 - le cui clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi sono nulle per violazione dell’art. 1283 c.c., e contratti conclusi successivamente alla data di entrata in vigore della detta Delibera (22.4.2000), le cui clausole anatocistiche sono legittime e valide, purché risultino specificamente approvate in forma scritta e prevedano la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori, sia creditori.

In tale senso depongono sia la interpretazione letterale e sistematica della disciplina legislativa di cui agli artt. 1283 c.c., 120, comma 2, T.U.B. (D.lgs. 1°.9.1993, n. 385), introdotto dall’art. 25, comma 2, d.lgs. 4.8.1999, n. 342, e 2 della delibera del CICR del 9.2.2000, entrata in vigore il 22.4.2000, sia l’orientamento della giurisprudenza di legittimità.

L'usura invece è il reato che commette chi, sfruttando il bisogno di denaro altrui, concede un prestito chiedendone la restituzione a un tasso d'interesse superiore al cosiddetto "tasso soglia" consentito dalla legge.

Alla base di un rapporto usurario c'è dunque, da una parte, una necessità stringente di denaro e, dall'altra, un'offerta che può apparire come una facile e rapida soluzione per chi si trova in difficoltà.

Sempre più spesso sono le banche ad applicare interessi usurari sui mutui. A tal riguardo la Corte di Cassazione, con la sentenza 350/2013 ha stabilito che quando il tasso di mora, le penali e le varie spese, superano il tasso soglia anche i mutui diventano usurai e possono essere annullati.

La sentenza permette quindi il recupero integrale o l'annullamento del mutuo ipotecario nel caso gli interessi pagati su mutui o le penali superano la soglia di usura. Situazione che si verifica di frequente in presenza di insolvenza o di ritardati pagamenti.

Come verificare dunque l'esistenza o meno del problema e soprattutto come fare a recuperare le somme indebitamente corrisposte? 

Per poter procedere al recupero è sufficiente e al tempo stesso necessario portare al nostro primo incontro i seguenti documenti:

-          contratto di conto corrente con la banca;
-          piano di ammortamento;
-          scalari trimestrali di tutti i conti correnti.

Una volta esaminata la documentazione saremo in grado di calcolare esattamente quanto la Banca ti ha fatto pagare ingiustamente.

Una volta accertato l’indebito, ti faremo firmare un mandato per instaurare la causa contro la Banca.

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